Torna Francesco Moser, "Lo sceriffo" al Velodromo degli Ulivi

Il campione del mondo Francesco Moser è tornato al Velodromo degli Ulivi di Monteroni, dove nel 1976 conquistò l’oro nell’inseguimento individuale. Una celebre pista da decenni ormai in rovina. E che continua a vivere solo nei cassetti della memoria e nelle foto d’epoca.

È stata la seconda visita dello “Sceriffo”, oggi 64enne, icona del ciclismo e dello sport, all’interno dell’impianto che lo incoronò con la maglia iridata. E per la seconda volta nell’arco di quasi tre lustri, si è ritrovato a tu per tu solo con i resti del glorioso Velodromo. Il ciclista italiano che ha vinto di più è tornato, quindi, in quel di Monteroni. Abbracci, applausi, emozioni amarcord e occhi lucidi. Un bagno di folla. Un’accoglienza festosa ai piedi del Municipio: ad attenderlo oltre duecento persone, soprattutto cicloamatori in bicicletta e in tenuta di gara. E a 40 anni dal quel trionfo, il campione, “un simbolo della storia del paese”, ha ricevuto le “chiavi” della città dal sindaco Angelina Storino. Poi Moser è salito in sella ad una bicicletta, creata dal maestro Carlo Carlà, e insieme ad un gruppo di ciclisti salentini e al presidente della Provincia Antonio Gabellone ha raggiunto a suon di pedalate il “suo” Velodromo.

Ma la mission dello storico ritorno del campione nell’impianto non era quella di appuntamento nostalgico. Di recente, la Provincia di Lecce e il Comune di Monteroni hanno presentato al Coni Nazionale una richiesta di finanziamento aggiuntivo di 707mila euro, da attingere dal Fondo Sport e Periferie, per il complemento dell’opera e la riqualificazione dell’interno parco. E la visita ai ruderi della struttura è stata quindi l’occasione per un accorato appello per la rinascita del Velodromo. “A 40 anni da quella grandissima impresa, consegniamo le chiavi della città - ha spiegato il sindaco Angelina Storino - ad un atleta come Moser che è nella storia del paese. Chiavi che spero possano servire per aprire le braccia di Monteroni al mondo. L’auspicio è che la presenza di Moser rappresenti una svolta, un vero punto di partenza dopo le false partenze. L’ultima occasione per rimettere in moto dopo decenni un volano di sviluppo, un simbolo di questa terra. L’obiettivo è far rinasce l’impianto: insieme con la Provincia abbiamo richiesto un ulteriore finanziamento al Coni per far sì che la struttura possa finalmente diventare un polo sportivo e anche polifunzionale”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Provincia, Gabellone, che ha rilanciato l’appello per il completamento della struttura, in rovina da decenni e ostaggio di due fallite ristrutturazioni: “La presenza di Moser non è casuale. La leggenda del ciclismo italiano sarà al nostro fianco in questa battaglia. Abbiamo scritto al presidente del Coni Malagò e al premier Renzi perché il Velodromo è una struttura di valenza nazionale che merita di tornare a vivere”. Il nuovo impianto sarà intitolato al compianto Mario Marini, sindaco dell’epoca ed ex presidente del Coni: “padre” del Velodromo e artefice di quella stagione che proiettò Monteroni in tutto il mondo.

E con la schiettezza del campione, Moser ha parlato a chiare lettere: “Spero che il Velodromo rinasca presto, meglio coperto però. Si stanno spendendo soldi, meglio pensare in grande. E l’importate sarà saperlo gestire. Ovviamente, mi farebbe piacere tornare ad inaugurarlo”.

Insomma, la pista del Velodromo, che ha riabbracciato il suo campione, vuole scrollarsi di dosso la nomea di grande incompiuta. Una tela di Penelope che ha assunto i contorni di una piaga dello spreco grande ormai quasi un ventennio, tra lungaggini, prime pietre e tiremmolla burocratici. Cerimonie di posa della prima pietra. E basta. Tre anni fa è naufragato anche il secondo tentativo di ristrutturazione, con il fallimento della ditta che si era aggiudicato l’appalto da 2milioni e 800mila euro per il rifacimento dell’anello e dell’intera struttura. Quindi: lavori sospesi a metà, cantiere chiuso e abbandonato alla mercé di furti e atti vandalici. Un disastro che è lo specchio dell’intera area che circonda l’impianto. Moser ha definito il Velodromo come una “ferita”. “Una ferita che Monteroni - gli ha fatto eco il primo cittadino di Monteroni - non dimenticherà mai, ma che deve essere sanata. La ferite guariscono e lasciano una cicatrice, che può indicare anche l’inizio di una nuova vita. Le ferite lasciano il segno. Ma è un segno che può e deve rappresentare l’inizio di un grande futuro. Lo sport è la metafora della vita, si cade e ci si ferma, ma poi bisogna avere la forza di rialzarsi. E sono convinta che dalla rinascita del Velodromo possa passare la rinascita dell’intera comunità”.

 

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