Ultimo appello del vescovo ai politici: amate di più la vostra gente

È stato un rito mesto quello della processione dei Santi Patroni di Lecce e del Salento, Oronzo, Giusto e Fortunato. Il pensiero alle vittime del disastro sismico delle Marche e del Lazio si è tradotto in preghiera e silenzio.

Nemmeno le note della banda che tradizionalmente accompagnano l'avanzare delle statue dei Santi per le vie della città hanno 'disturbato' la volontà di riflessione e di raccoglimento. Un profondo gesto di solidarietà e un generoso atto di fede della comunità leccese.
C’è una dimensione essenziale per la politica ed è l’amore che deve essere presente e penetrare tutti i rapporti. Questa dimensione potremmo definirla come ‘la carità politica’. Lo vediamo e lo constatiamo. Purtroppo è largamente assente: gruppi di potere, clientele, consorterie, poteri forti, inquinano questa nobile arte che serve e fa crescere la qualità della vita. Conseguenze di tutto questo: assenza di dialogo, contrapposizioni, degrado della dialettica politica, aumento delle povertà, sfiducia nelle istituzioni”.
È questo il passaggio fondamentale del tradizionale Messaggio alla città - probabilmente l'ultimo del suo episcopato in questa terra: D'Ambrosio compirà infatti 75 anni il prossimo 15 settembre e dovrà presentare le proprie dimissioni nelle mani di Papa Francesco per raggiunti limiti di età - che l’Arcivescovo di Lecce, diocesi di cui la comunità di Monteroni è parte integrante, Domenico D’Ambrosio, richiamando il Magistero del Beato Paolo VI e di Papa Francesco, ha rivolto ad una Piazza Duomo gremita di fedeli (vi erano anche tanti Monteronesi) al termine della processione e, in particolare, ai numerosi rappresentanti istituzionali del territorio che, com’è consuetudine, prendono parte al solenne evento religioso che coinvolge non solo la città capoluogo ma anche i paesi limitrofi e le migliaia di turisti che in questo periodo hanno scelto il sud della Puglia come metà per le proprie vacanze estive.
Con noi questa sera - ha detto D’Ambrosio all’inizio del suo discorso rivolgendosi agli amministratori pubblici presenti e facendo riferimento al brano biblico (1Tm 2,1-3) ispiratore del suo Messaggio, passo nel quale l’Apostolo Paolo invita a pregare per i governanti - come sempre c’è una larga e qualificata presenza di coloro ‘che stanno al potere’ per servire e guidare la comunità. È una presenza dovuta, come da prassi istituzionale, ma è anche - e ne sono certo - un voler condividere un momento qualificante della vita della comunità che servono e, per tanti, la stessa fede che ci lega a Cristo e ci fa essere unica famiglia, quella dei figli di Dio. Autorità tutte, vi saluto con stima, grato non solo per il molto che fate per tutti noi, ma anche per lo stile di collaborazione che connota i nostri rapporti, convinto che le mancate o incomplete risposte alle esigenze della comunità non sono imputabili alla sola vostra responsabilità. Talvolta sono il frutto di una situazione congiunturale complessa, incerta, ondivaga che penalizza ingiustamente la nostra terra, il nostro Sud, forse perché siamo distanti fisicamente dai luoghi alti dove si decidono scelte, priorità, o perché non alziamo con decisione e perspicacia la voce per far valere le nostre ragioni o anche perché si privilegiano interessi di gruppi e non della comunità intera”.
Dalla pratica dell’arte nobile della politica, l’Arcivescovo di Lecce - che fin dal suo arrivo nella diocesi salentina ha sempre considerato missione prioritaria della chiesa locale il servizio della carità - non esclude nemmeno il popolo dei credenti: “Impresa non facile quella che iscrive molti tra noi alla categoria dei politici, ai servitori cioè della città, della greca 'pòlis' o della 'res publica' latina. Ho usato il pronome ‘noi’ per iscrivermi ai politici, a quelli che servono la comunità. Sì, perché la comunità cristiana fa ‘politica’ perché sta tra la gente e serve la gente. Da una parte non si chiude in un ghetto, dall’altra non sceglie di mettersi in una situazione concorrenziale con la vita storica e con le varie realtà impegnate a promuovere la dignità piena e il rispetto per ogni uomo”.
L’intricato, complesso e tormentato momento storico che stiamo vivendo - è l’appello accorato di D’Ambrosio alle autorità presenti - in particolare nel nostro Paese, ci sta conducendo a uno snodo importante che impone una scelta: riabilitare la politica, come luogo di dialogo, di ascolto, di servizio, di partecipazione democratica, e pensarla come l’unico ambito capace di porre un limite umano al potere o strapotere del denaro, dell’economia, della tecnica. Carissimi servitori dello Stato a vario titolo, accogliete questi miei pensieri come segno di grande amicizia e stima per le gravose responsabilità che vi legano alla nostra comunità che vuole uscire dalle sue paure e dalle sue delusioni”.
Prima di chiudere, il consueto saluto ai detenuti e a tutto il personale del carcere di Lecce, particolarmente cari all’Arcivescovo: non a caso fin dal giorno del suo ingresso in diocesi volle subito indicare una priorità del suo servizio scegliendo la Casa circondariale ci Borgo San Nicola come prima tappa dell’inizio del suo ministero episcopale nel Salento nel 2009. Ricordando in che modo la Chiesa di Lecce è vicina alle loro storie: “Alcuni di questi ospiti da circa tre anni sono stati accolti con un progetto della Caritas diocesana, in una nostra struttura dove hanno trasformato col loro lavoro una sterpaglia in un rigoglioso giardino”.
Infine la sua personale gratitudine, in questi giorni di festa, “alle centinaia di volontari che riempiono con la loro generosa e gratuita disponibilità, i vuoti, le assenze e le povertà delle migliaia di ospiti di 56 diverse nazionalità che affollano le nostre strutture di carità: la Casa della Carità con le sue quattro dipendenze, il Poliambulatorio, le sei Mense, i quattro Punti ristoro, l’Emporio della solidarietà, il Prestito della speranza, il Fondo famiglie in difficoltà, il  Microcredito Sant’Oronzo, il Servizio Gerico, la Fondazione Antiusura S. Giuseppe Lavoratore”.

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