Verso la festa: Monteroni, i francescani e il culto a S. Antonio

Il culto a Sant’Antonio, come di altri santi francescani, comunque con molta probabilità risulterebbe figlio di una positiva influenza operata dall’Ordine Francescano in tutta la Terra d’Otranto mediante la promozione di alcuni santi “propri”.

Infatti, il monachesimo francescano si sviluppa in Terra d’Otranto a partire dal secolo XIII in una sorta di contrapposizione tra il potere dei papi e quello dei principi e dei feudatari conquistandosi le simpatie del popolino fin dal suo sorgere, propagandosi direttamente sulla scia della serafica figura del poverello d’Assisi e contrapponendosi al potere dei benedettini e delle benedettine con i loro monasteri di Ostuni, Lecce e Nardò. “I monteronesi, intanto, hanno già avuto modo di apprezzare l’opera dei francescani partendo dalla fine del secolo XV, quando il cavaliere templare Giacomo Montoroni, discendente della nobile famiglia titolare dei feudi di Monteroni e di Malcandrino, commendatore di Maruggio, baglivo di Venosa e governatore della Provincia di Terra di Bari, con l’autorizzazione del principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo, chiede ed ottiene l’assenso da parte del papa Niccolò V di legare tutti i suoi beni, per un valore di 1.800 fiorini d’oro, alla chiesa di S. Maria del Tempio in Lecce, in cambio della sua sepoltura nella stessa chiesa. È innegabile che il credo francescano, così radicato nelle contrade di Cigliano e di Copertino non abbia diffuso i suoi benefici influssi anche nei vicini centri abitati di Leverano, Veglie, Lequile, dove per altro s’innalzano dei conventi, e naturalmente di Monteroni. Monteroni dipende in spiritualibus dalla diocesi di Lecce. Gran parte dei monteronesi più ricchi e del clero, possiedono, comunque, dei terreni nei feudi di Cigliano e di S. Nicola di Cigliano, al punto che per quest’ultimo feudo pagano la decima alla mensa vescovile di Nardò; obbligo assolto persino dallo stesso Capitolo di Monteroni fino al momento dell’eversione della feudalità”. (cfr. G. Mancarella, “Tracce dell’Ordine di San Francesco in Monteroni, Vita Cristiana, Monteroni Agosto 2005, Anno XXIX, n° 2, pp. 26-28).

Francescani monteronesi
Nel secolo XVI fiorisce la figura del frate cappuccino Domenico da Monteroni che nel Capitolo di Altamura del 1583 è nominato Guardiano del convento di Gallipoli. Quest’ultimo convento, in verità, non era ancora stato costruito, tanto che Padre Domenico è costretto ad inviare un memoriale al Vicerè affinché questi concedesse il suo assenso al sindaco dell’Università di Gallipoli, Giovanni Barba, al fine di elargire un contributo di 600 ducati utili per terminare l’opera, cosa che avviene il 21 luglio 1584. A cavallo tra ‘500 e ‘600, fiorisce anche fra Paolo da Monteroni che il Tasselli cita, unitamente ai confratelli fra Egidio da Otranto e fra Ruffino da Lecce, come fedele alla regola e pieno di singolare virtù. Nel secolo XVII, lo sviluppo della regola francescana nelle nostre contrade è sicuramente favorito anche dai prodigi compiuti dai tanti frati di santa memoria. Fra tutti si deve ricordare padre Francesco da Monteroni, venerato nel secolo XVIII con il titolo di “Padre Santo”, così come lo chiama nella sua Cronica padre Bonaventura da Lama, francescano morto in Spagna in odore di santità, per il quale recentemente è iniziato il processo di canonizzazione. Nel 1636, infatti, padre Francesco da Monteroni, predicando in Maruggio il Quaresimale, predice l’arrivo dei turchi per il 13 giugno dello stesso anno, giorno dedicato a S. Antonio da Padova, cosa che si avvera e che gli apre allo stesso tempo le porte dell’Inquisizione spagnola. La fama di santità di quest’umile frate spinge i potenti del tempo ad averlo quale consigliere e confessore; usufruiscono dei suoi servigi, infatti, lo stesso imperatore Filippo IV e quel D. Giovanni d’Austria, vincitore della battaglia di Lepanto.
Nel secolo XVII, infine, fioriscono in Monteroni anche padre Giuseppe e fra Serafino da Monteroni, frati che raggiungono una certa notorietà nell’ambito di quest’Ordine. Padre Giuseppe da Monteroni è eletto Provinciale dei Riformati nel 1668. Fra  Serafino da Monteroni, a sua volta, è eletto definitore della Provincia di S. Nicola nel Capitolo tenutosi in Galatina il 4 ottobre 1684. È celebrato alla presenza del padre Bonaventura di Misuraca.

Miracoli a Monteroni
Sono molteplici, quindi, le circostanze che favoriscono, tra i cittadini ed il clero di Monteroni, la diffusione della spiritualità francescana con particolare riferimento a S. Antonio da Padova. Non si devono sottacere, oltretutto, i miracoli ottenuti da Lucia Bisconti e da Francesca Antonia Falconiera, moglie di Gio. Camillo Zecca, per intercessione di fra Silvestro da Copertino, come riferisce il padre Bonaventura da Lama, nella sua Cronica (12). A tal proposito è doveroso rilevare anche che il padre Bonaventura da Lama indica nella sua Cronica tale Gio. Camillo Zecca come originario di Copertino, mentre il Putignano, ricavandolo da un documento conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, ci riferisce che questo fa parte del Regimine di Monteroni. Ad oggi, invece, non si possiedono notizie riguardanti la presenza di frati monteronesi, appartenenti all’Ordine francescano, lungo tutto l’arco del secolo XVIII; in contrapposizione, invece, si verifica un evento straordinario per la nostra comunità, quale la donazione della statua argentea raffigurante S. Antonio da Padova dovuta alla devozione di Pietro Putignano. L’eccezionalità dell’evento relativo al simulacro, ci appare oggi come un elemento scatenante che spinge, fin dal sorgere del secolo XIX, tanti devoti cittadini ad abbracciare il credo francescano; la storiografia, infatti, fa conoscere tanti frati di santa memoria, anche se non ne manca qualcuno che si macchia di empietà.

Altri monteronesi nell'Ordine francescano
Tra i membri della Famiglia Osservante della Provincia di S. Antonio di Lecce troviamo fra Antonio da Monteroni (al secolo Antonio Bisconti), che nel 1838 dimora da studente chierico nel convento di S. Maria della Pietà in Ugento. Nel 1866 lo stesso frate fonda in Monteroni il Terz’Ordine di San Francesco d’Assisi e si occupa di officiare nella chiesetta di S. Vito, oggi abbattuta, dove si riuniscono gli adepti per svolgere le loro pie pratiche presso l’immagine del “glorioso padre S. Francesco”, collocata sull’altare dedicato alla Madonna delle Grazie. Lo stesso frate, infine, è accusato dell'organizzazione del furto della statua argentea di S. Antonio da Padova, il 4 dicembre 1876, risoltosi, poi, con il ritrovamento della statua (15). Ricordiamo, poi, fra Pietrantonio di Maria Vergine da Monteroni citato nello Stato Legale e Disciplinare della Provincia Monastica di S. Pasquale di Lecce (16). Dal suddetto documento risulta che fra Giuseppe Maria della Purità dimora, quale laico, nel Convento di S. Giacomo di Lecce. L’elenco continua con fra Casimiro da Monteroni. Il Coco, che pubblica un documento redatto Roma il 23.10.1891, alla presenza del Generale dell’Ordine Padre Luigi da Parma, in occasione dell’elezione del Provinciale e dei Definitori della Provincia di S. Antonio di Lecce, cita anche fra Antonio da Monteroni che è eletto Definitore della Provincia monastica. Sempre nel secolo XIX si riscontra l’appartenenza alla Famiglia dei Minori Osservanti, di altri frati. fra’ Gaetano da Monteroni che il Chirizzi indica come discende dalla famiglia Marini. Egli ricopre dapprima l’ufficio di segretario della Provincia di S. Antonio di Lecce. Il 26 aprile 1884, poi, lo stesso frate partecipa al Capitolo Provinciale, tenutosi in Lecce, in qualità di definitore provinciale, contribuendo così alla nomina di padre Orazio da Monteroni a guardiano del convento di Leverano. Nel 1885 questo frate è documentato in Arnesano quale direttore spirituale della Confraternita della SS. Annunziata (19). All’elenco si deve aggiungere, ascritto alla famiglia dei Minori Osservanti, fra’ Orazio da Monteroni che è nominato guardiano del convento di Leverano in occasione del capitolo provinciale tenutosi in Lecce il 26 aprile 1884. Allo stesso capitolo prende parte, in qualità di Definitore provinciale, un altro monteronese, fra’ Gaetano da Monteroni.

San Giustino de' Jacobis e Monteroni
Particolare interesse, poi, riveste una lettera inviata dall’Abissinia dal padre vincenziano Giustino de’ Jacobis, innalzato poi alla gloria degli altari. La lettera, datata al 26 febbraio 1855, è indirizzata a fra Domenico da Monteroni, discendente dalla famiglia Errico, con la quale padre Giustino ringrazia, attraverso lo stesso frate, i cittadini ed il Capitolo di Monteroni per l’accoglienza precedentemente accordatagli e per il ricordo che gli riservano nelle preghiere (21). Il ricordo di fra Giustino, infatti, è molto forte tra i monteronesi, i quali hanno occasione di apprezzare le doti straordinarie del vincenziano in occasione delle missioni popolari tenute dai padri del convento di S. Maria dell’Idria in Lecce. Questa lettera inviata a padre Domenico da Monteroni è un segno del destino, che segna in modo particolare la comunità monteronese con il frate vincenziano; dopo la morte di questo vescovo, infatti, avvenuta in Africa, si verificano in Monteroni alcuni eventi miracolosi dovuti all’intercessione di padre Giustino, che, determinano poi la beatificazione dello stesso padre.

Arte e francescanesimo a Monteroni
Ovviamente la produzione artistica inerente al culto francescano viaggia di pari passo con il mirabolante susseguirsi degli eventi, come possiamo constatare nella Chiesa Matrice di Monteroni, dove fin dagli inizi del secolo XVI è innalzato un altare dedicato a S. Francesco di Paola, di patronato della famiglia monteronese De Guglielmis. L’altare in questione, a seguito delle vicende riguardanti l’ampliamento del transetto sinistro della chiesa, è abbattuto nel 1746 e subito dopo ricostruito nello stesso transetto dove ancora oggi lo vediamo. (cfr. G. Mancarella, “Tracce dell’Ordine di San Francesco in Monteroni”, Vita Cristiana, Monteroni Agosto 2005, Anno XXIX, n° 2, pp. 26-28).

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