Mostra a Palazzo, Kab denuncia: negata libertà di espressione. ProLoco: solo problemi di spazio

Si innesca la polemica a margine della cerimonia di riapertura del Palazzo Baronale dopo i lavori di ristrutturazione. A sollevare la questione è Gabriele Quarta, in arte Kab, giovane monteronese dell’Accademia di Brera.

Si tratta di uno dei 24 artisti invitati alla collettiva “Tratti d'incanto", mostra promossa dalla ProLoco e allestita nell’antica residenza nobiliare di piazza Falconieri proprio in occasione della riapertura al pubblico del Palazzo. Quello che è accaduto lo spiega lui stesso in un post. “Oggi a Monteroni mi hanno privato della mia libertà d'espressione. Avevo esposto un quadro disteso a terra - scrive Kab - con un cartellone che ne spiegava il motivo e l'idea, fino al giorno prima non mi hanno detto nulla. Oggi, domenica 21 luglio, giorno dell'inaugurazione della mostra, senza dirmi nulla hanno tolto il cartellone dicendo che "era ingombrante, che era fuori contesto", insomma mi hanno fatto anche la morale sull'opera. Questo cartellone è sparito ed io ho portato via l'opera. Io porto avanti la mia idea. E metterò questo cartellone ovunque”.

Il giovane ha quindi ritirato l’intera opera per protesta. Nel cartellone rosso, posto come “didascalia” alla sua creazione, aveva scritto: “Se vuoi capire l’arte a pieno, sarai disposto a metterti in ginocchio e soffrire. Proprio come ho fatto io per crearla”. Intanto, i responsabili della ProLoco escludono qualsiasi ipotesi di censura e si dicono rammaricati per quello che giudicano come un disguido insorto esclusivamente per questioni di spazio.

“Mi dispiace per quello che è successo”, afferma Mino La Corte, presidente della ProLoco di Monteroni. “Gabriele, in questi anni, è sempre stato invitato ai nostri eventi, ha partecipato alle estemporanee di pittura e ha vinto con merito. Avremmo dovuto avvisarlo prima di togliere il cartellone - ammette il presidente - ma lo abbiamo fatto in buona fede. Gli abbiamo chiesto solo di sostituirlo con un cartoncino più piccolo. Non abbiamo sindacato sulla sua libertà di espressione, né sull'estetica dell'opera d'arte, né sulla scelta della sua posizione a terra, su nulla, neanche sul testo del cartellone. Solo che a fine allestimento abbiamo preso degli accorgimenti in tutte le sale per rendere tutto più armonioso e ci siamo resi conto che quel Bristol così grande, lì in quella stanza, non andava bene. Sempre comunque con l'intenzione di concordarlo poi con lui”.

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