Tumore al polmone, il giudice del Lavoro riconosce malattia professionale ad un 68enne

Il Giudice del Lavoro smentisce le conclusioni dell’Inail e dà ragione ad un 68enne di Monteroni, L.P., affetto da tumore al polmone, che per 35 anni ha svolto il mestiere di asfaltatore.

Si tratta di malattia professionale. Lo ha stabilito una sentenza dello scorso maggio, che ora è diventata definitiva: una pronuncia con cui il Tribunale di Lecce (sezione Lavoro) ha riconosciuto l’esistenza del nesso di causalità tra la patologia e l’attività lavorativa svolta dal 68enne.

L’uomo, che nel 2015 si è ammalato di “adenocarcinoma del polmone”, ha chiesto all’Inail il riconoscimento della malattia professionale. Un’istanza, presentata tre anni fa, e poi rigettata dall’ente pubblico. E così l’operaio si è rivolto al Patronato “Federaziende” e tramite l’avvocato Maria Cristina Zingarello ha presentato ricorso.

Il lavoratore ha eseguito mansioni di asfaltatore, rimanendo a contatto continuamente con agenti cancerogeni quali la pece di catrame di carbone e catrame di carbone fossile. Un’esposizione prolungata per decenni, dal 1982 al 2015. E cioè fino a quando all’operaio è stato diagnosticato il cancro al polmone.

Per tre anni, peraltro, il 68enne ha lavorato anche all’interno della centrale di Cerano, per conto di una ditta appaltatrice, con le funzioni di addetto al controllo dei nastri trasportatori del carbone.

L’Inail ha però rigettato l’istanza dell’operaio, negando l’esistenza del nesso causale tra il lavoro e la patologia. E lo ha fatto rilevando l’assenza di una specifica e definita esposizione a cancerogeni polmonari e la presenza invece di fattori di rischio individuali, quali la pluridecennale e intensa abitudine al fumo da parte dell’operaio e la familiarità per malattie neoplastiche.

Ma per la sentenza emessa dal giudice del Lavoro, Luisa Santo, questi elementi rappresentano una concausa che non esclude la correlazione tra lavoro e patologia. Il Tribunale, aderendo alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ha dunque accolto la richiesta del 68enne di Monteroni, al quale è stata riconosciuta una percentuale di inabilità del 60% in relazione alla malattia professionale.

Il giudice ha poi condannando l’Inail al pagamento delle prestazioni dovute oltre alle spese di giudizi.

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