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Giovanni Impastato e l’esempio di Peppino: “L’impegno sociale per spazzare via la mafia”

Un evento partecipato e pieno di significati quello che si è tenuto a Monteroni, con la entusiasta presenza di Giovanni Impastato, che ha raccontato e attualizzato la storia del fratello Peppino.

Più di centocinquanta persone hanno preso parte all’incontro nel Laboratorio culturale Hopera in Piazza Falconieri.

A Monteroni, nella serata della domenica che ci ha appena salutati, un Giovanni Impastato felicemente sorpreso della larga partecipazione ha presentato il suo libro “Oltre i cento passi”. In quelle pagine, tanta della memoria storica del fratello Peppino, ucciso dalla mafia nel maggio 1978, perché ostinato e convinto di poter vincere con le armi dell’impegno e della “bellezza” contro una delle organizzazioni criminali italiane.

Ad aprire la serata, un emozionato ed appassionato Ernani Favale, componente del Mas (Movimento Monteroni a Sinistra) e segretario provinciale di Rifondazione comunista. Lo stesso Favale nel suo discorso ha chiaramente definito Peppino una “persona normale, che ha deciso di andare contro la sua stessa famiglia e le sue radici”. Come faceva Peppino, anche Favale ha gramscianamente “urlato” contro l’indifferenza, perché “non ci appartiene e contro questa dobbiamo lottare”.

È poi intervenuto anche il sindaco di Monteroni Angelina Storino, che si è detta segnata dalla figura di Felicia Bartolotta, la madre di Giovanni e Peppino, moglie del mafioso Luigi Impastato, “innamorata e forte, che ha lottato decisa per la verità sulla morte del figlio, come contro la mafia”. Il primo cittadino ha poi sorpreso con una proposta: riconoscere a Giovanni Impastato la cittadinanza onoraria di Monteroni, che le organizzazioni mafiose ha conosciuto e vive.

“Se questa è mafia, io mi batterò contro!”: queste le parole di un giovanissimo Peppino Impastato a margine della strage nella quale morì lo zio mafioso Cesare Manzella, quando quel piccolo rivoluzionario capì che la mafia non era affatto il mondo raccontatogli dai suoi parenti, non era il “paradiso in terra” degli uomini giusti.

Peppino lo si può considerare come il grande erede del movimento contadino, del quale abbracciò le lotte. Il pioniere della nuova lotta alla mafia, con i suoi metodi sociali: RadioAut, il giornale L’idea e le manifestazioni in piazza, come nelle terre dei boss”. A definirlo così, proprio il fratello Giovanni, convinto dell’attualità della figura rivoluzionaria del fratello, perché i gruppi criminali organizzati son mutati, ma la loro presenza è ancora forte e diffusa negli affari di tutti i giorni. Un Peppino Impastato che affascina anche il mondo cattolico, per i suoi metodi e la sua persona.

Un evento positivo e importante, per Monteroni e per il territorio salentino tutto, perché la memoria storica di Peppino Impastato non deve andar persa, perché l’esempio di uomini come lui prenda il posto di tanti personaggi dei nostri giorni. Perché, come scriveva ed urlava Peppino: la mafia è una montagna di merda!